Mercoledì 22 Febbraio, l’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, si recherà in Visita Pastorale nel nostro decanato, presso la Parrocchia di Bisuschio, dove incontrerà i fedeli a partire dalle ore 21.00.

I sacerdoti, con i membri dei vari Consigli Pastorali, si sono soffermati, nel corso di questi ultimi mesi, sul senso di questa visita e su cosa significa incontrare l’Arcivescovo; sono inoltre state preparate alcune domande da sottoporgli nel corso della serata, che riportiamo qui di seguito:

  1. LITURGIA

Premessa:          La considerazione di maggior importanza e preoccupazione per noi riguarda la capacità di educare i nostri fedeli al senso della festa: il più delle volte appaiono come semplici spettatori di un rito sia perché non comprendono il linguaggio dei segni liturgici, oppure perché la liturgia è formulata sulla base della sensibilità del singolo sacerdote. Si avverte la necessità di un maggiore coinvolgimento.

Da qui nasce la nostra domanda: finisce il rito ma la vita continua: come la vita quotidiana può diventare esplicitazione del rito vissuto?

  1. CATECHESI

Premessa:          Circa questo capitolo della dimensione pastorale delle nostre comunità cristiane, avvertiamo come nevralgico il ruolo della famiglia oggi, sia perché ci chiediamo se per le nostre famiglie oggi il Vangelo sia ancora la priorità della propria vita personale e sociale, sia perchè avvertiamo spesso la preoccupante mentalità da parte dei genitori che considerano il cammino di catechesi dei loro figli solo come il compito che tocca esclusivamente ai ragazzi, mentre loro ne sono esentati.

Da qui sorge la nostra domanda: con quale atteggiamento rivolgerci alle famiglie per coinvolgerle e mostrare loro la bellezza del Vangelo? Se siamo chiamati a recuperare la centralità della famiglia, oggi essa ha gli strumenti e la capacità di vivere da “catechista” verso se stessa e dei propri figli?

  1. OPERE DI CARITÀ

Premessa:          In questi decenni si è parlato molto di carità e, anche da parte della Diocesi, si è spinto molto verso questo versante. Siamo convinti che il vero motore propulsivo oggi sia il campo della fraternità e collaborazione tra cristiani che operano in ambiti diversi o anche in parrocchie diverse, educandoci tutti alla gratuità come stile di servizio, uscendo dalle chiusure, dall’egoismo, dall’individualismo, dall’autoreferenzialità che caratterizza la nostra società e da cui non siamo indenni.

La nostra domanda: se questo è lo stile che deve reggere il nostro servizio “di” e “alla” carità, avvertiamo un senso di inadeguatezza per un laicato che attende ancora troppo gli input da eseguire da parte dei sacerdoti: visto che il clero vive spostamenti di parrocchia molto più repentini che in passato, come rafforzare il senso di appartenenza e di protagonismo attivo del laicato alla vita della Chiesa? Ci stiamo veramente attrezzando per questo salto di qualità e cambio di mentalità?

  1. OPERE EDUCATIVE E CULTURALI

Premessa:            Qui partiamo da una considerazione che ci affascina ma anche, nello stesso tempo, ci avvilisce: stiamo percependo il Vangelo e la risposta di fede come bellezza di vita nuova, come passione che coinvolge e chiede di essere trasmessa.

Da questa premessa ecco la domanda: come il Vangelo può passare dal campo di una religiosità personale alla quale attingere nei momenti particolari della vita che affronto, ad una esigenza comunitaria che non sia la somma delle singole fedi di ciascuno? Come superare la paura della fatica che si avverte quando ci si imbatte in famiglie e giovani che non vibrano della stessa gioia per valori che invece per me costituiscono il senso della vita?

  1. IMPEGNO NELLA SOCIETÀ PLURALE

Premessa:             Il “corto circuito” che avvertiamo come reale pericolo circa questo aspetto della vita è quello di cadere nel dualismo “cose di Chiesa” e “cose di mondo”, che denota prima di tutto la scarsa conoscenza del “diverso” inteso sia come uomo che come cultura. E, in secondo luogo, foraggia continuamente la logica della difesa da qualcosa che ci minaccia.

Domandiamo allora: come combattere un generale disimpegno del cristiano nel sociale, sorretto dalla convinzione che comunque “è sempre compito di altri” e che “tanto non cambia niente”? Per delle comunità come le nostre, che vivono quotidianamente l’esperienza di confine, cosa significa educarsi al dialogo con culture diverse?